Cos’è un’acquisizione forense e a cosa serve?

Ogni giorno assistiamo ad una progressiva ed incessante digitalizzazione della nostra realtà, al punto che sempre più le tecnologie digitali diventano l’oggetto delle controversie civili e penali e le ricostruzioni dei fatti richiedono prove digitali o informatiche. La disciplina che si occupa degli aspetti tecnici per la gestione delle prove informatiche è la Digital Forensics (o Informatica Forense). Con l’acquisizione forense, mediante specifici dispositivi software e/o hardware, si va a produrre una copia forense della memoria del dispositivo oggetto di indagine, che può essere ad esempio uno smartphone, un computer, una casella di posta elettronica, oppure una pagina web.

Le prove digitali raccolte hanno valore probatorio quando vengono acquisite utilizzando metodologie e strumenti validati e conformi alla Legge n. 48/2008. Quindi la copia deve essere identica all’originale, viene prodotta senza alterare l’originale e viene dimostrata la non alterabilità di ciò che è stato acquisito. Si parla così di acquisizione forense.

Pertanto, relativamente alla pagina web di un profilo social in cui si rileva un illecito (esempio diffamazione), non basta lo screenshot della pagina web, perché tutti i browser hanno modalità nella quale possono lavorare sul codice in locale. È possibile salvare e stampare il commento ad un post, ma senza cambiare nulla sul server. Anche i messaggi WhatsApp possono essere modificati, addirittura nelle chat è possibile anche creare messaggi mai effettivamente ricevuti.

Tuttavia secondo la sentenza n. 38678/2023 della Corte di Cassazione penale è legittima l’acquisizione mediante riproduzione fotografica di messaggi WhatsApp ed SMS conservati nella memoria di un cellulare, salvo che vi sia contestazione sulla loro acquisizione o utilizzabilità dalla controparte.

Quindi l’acquisizione forense è consigliabile sempre, per i seguenti motivi:

  • Il caso in questione nella sentenza n. 38678/2023 della Corte di Cassazione penale è particolare, poiché la controparte non ha contestato i contenuti delle conversazioni WhatsApp, né la loro idoneità. Soltanto nel ricorso contro l’appello la controparte ha rilevato violazione della Legge n. 48/2008 e s.m.i.
  • Meglio non fare affidamento alla memoria di un cellulare, perché i contenuti potrebbero venire alterati, anche inavvertitamente.
  • Infine, disponendo di una copia forense, è possibile farne un’analisi per ricavare informazioni che potrebbero essere determinanti prove a discarico (per dimostrare innocenza di un accusato) oppure prove a carico (incriminanti).